Premessa

A cura dell'autore


Prof. Egidio Di Mauro
Prof. Egidio Di Mauro

Una Comunità come Linguaglossa che abbia avuto per guida spirituale un Parroco per oltre mezzo secolo, non può esimersi dall'immortalarlo in delle pagine indelebili, saranno esse pagine cartacee o pagine fittizie lì, da qualche parte sulla rete ma, comunque, pagine che possano custodirne il ricordo, la memoria, le immagini, le opere e ancora le azioni, gli aneddoti, gli episodi, ecc. ...

Pagine che permettano ad ognuno di noi di attivare quei piacevoli flashback che ci portino a ripensare e rivedere i nostri tempi andati, dalla fanciullezza alla terza età.

Non che, nella sua storia, Linguaglossa non abbia avuto altri Padri spirituali, distinti e con spiccata personalità, a volte solenni e patriarcali, oppure ancora eccellenti ed illustri o con tanta autorevolezza e competenza, ma nessuno di questi per un periodo ininterrotto così lungo come per Don Vincenzino.

 

La nostra vita è scandita e costellata da eventi ed episodi particolari che diventano vere e proprie “pietre miliari”: a volte vicende vicine fra di loro nel tempo, nei nostri ricordi diventano tanto lontane fra di loro, nella misura in cui per noi rappresentano dei veri e propri cambi epocali.

Fra queste “pietre miliari”, se ci guardiamo bene indietro, ne troveremo sicuramente alcune legate alle varie tappe della vita parrocchiale con Don Vincenzino.

Basta pensare intanto, in maniera spicciola, alle varie tappe sacramentali, dal Battesimo al Matrimonio, passando per la Prima Comunione e la Cresima o, forse, al funerale di qualche nostro caro. Ma ancora, alla vita parrocchiale più intensa: chierichetti, catechismo, schola cantorum, incarichi di responsabilità, l’Azione Cattolica in tutte le sue fasi (ACR, giovanissimi, giovani, adulti), gite, campi scuola, Natale, Pasqua, pasquetta, Feste patronali, sport e oratorio, ecc. …

·   Stiamo parlando del periodo che va dal 1952 al 2010: c’era ancora sul trono d’Inghilterra Re Giorgio VI, Elisabetta II, infatti,  gli succederà proprio nel corso del 1952 … fino ad arrivare all’insediamento alla Casa Bianca del 44° Presidente degli Stati Uniti Barak Obama (2009) e alla pubblicazione della prima versione di Instagram (2010).

·   Stiamo parlando di un uomo, un prete che ha preso per mano un popolo ad appena sette anni dalla fine del drammatico secondo conflitto mondiale per guidarlo, passo dopo passo, non solo alle soglie ma, addirittura fino al primo decennio del nuovo millennio.

·   Stiamo parlando di un periodo così lungo che ha visto l’avvicendarsi di ben sei Papi: dagli ultimi sette anni di Papa Pio XII a Benedetto XVI, passando per Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II.

·   Stiamo parlando di un periodo che, al suo interno, ha contemplato la celebrazione di un Concilio (il Concilio Ecumenico Vaticano II 1962-1965) e ha sperimentato le sue applicazioni innovative in una Chiesa per alcuni versi obsoleta, troppo “prigioniera” di paradigmi davvero arcaici ed ancora ancorata alle direttive del mai/concluso Concilio Vaticano I, indetto da Papa Pio IX circa un secolo prima, nel 1869 e interrotto l’anno successivo per lo scoppio della guerra franco/prussiana. Il Concilio Vaticano I fu chiuso ufficialmente da Papa Giovanni XXIII nel 1960, poco prima di iniziare il Vaticano II. Le aspettative per i risultati del Concilio, visto come una “nuova Pentecoste”, erano ampie sia tra il clero che tra il laicato e così anche a Linguaglossa.

·   Stiamo parlando del difficoltoso periodo linguaglossese susseguente al Concilio che ha visto una profonda emorragia di sacerdoti e religiosi locali che interpretarono l'attenzione al mondo in maniera diversa dall'effettiva indicazione della dottrina cattolica vista dal Vaticano II. Periodo arduo e complicato, comunque, che ha vissuto tutto il mondo cattolico, culminante nel 1970 con la scissione di Lefebvre. Anche il Papa Paolo VI, in occasione dell'Omelia del 29 giugno 1972 per la Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, si mostrava preoccupato nel registrare la perdita di importanza della Chiesa nella società:

«[Sembra che] da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. Non ci si fida più della Chiesa, ci si fida del primo profano che viene a parlarci da qualche giornale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita [...] Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. Predichiamo l'ecumenismo e ci distacchiamo sempre di più dagli altri. Cerchiamo di scavare abissi invece di colmarli.»

·   Stiamo parlando di 58 anni davvero intensi, per descrivere i quali non basterebbe, forse, un solo libro!

Sembra chiaro, allora, che un tentativo del genere andasse fatto poiché per 58 anni ancora, forse, potrebbe ancora esserci qualcuno che ne continuerà a parlare … ma per i 58 anni successivi? … e per quelli che verranno ancora dopo?

 

Perché mi sia cimentato io a farlo, è presto detto.

I fratelli e i cognati, fra cui i miei genitori, purtroppo non ci sono più.

Anche fra i nipoti, effettivi e acquisiti, qualcuno manca: ne restano 10 su 12.

I pro-nipoti fanno ormai parte di una generazione piuttosto distante e, anche se tutti hanno avuto modo di interagire con lui, condividendo anche bei momenti, nessuno di loro, fino adesso, ha esternato tale volontà.

I figli dei pro-nipoti, purtroppo, non lo hanno conosciuto e, quindi, non lo hanno potuto apprezzare.

Oltre me, ognuno dei restanti nove nipoti sarà di certo depositario di tali e tanti aneddoti che, sicuramente, avrebbe potuto benissimo cimentarsi in tale opera! Nessuno si è, ad oggi, fatto avanti.

La motivazione di questo mio tentativo, allora, è senz’altro da ricercarsi nel tempo che le circostanze hanno permesso, a me e allo zio, di trascorrere insieme; un tempo sicuramente maggiore di quello degli altri nipoti (fratelli e cugini); un lungo tempo che ha voluto che le nostre strade si intersecassero continuamente in famiglia, in Parrocchia e anche sul posto di lavoro.

 

    Innanzitutto in famiglia: sempre insieme a tavola, la mia famiglia con i nonni paterni e lo zio.

Proprio lì ci era da maestro il nonno Puddu: quando a tavola si era in pò stretti, il suo dire era "putissimu aviri un pusticeddu accussi 'nparadisu!"

 

In Parrocchia, dove ho iniziato, a poco più di tre anni, a fare il chierichetto e poi, dagli otto anni in su, l’organista e il co-responsabile della liturgia con Gerardo Mazza, con tutti i fratelli Guzzetta e, via via, con tanti altri. Qui ho anche ricoperto, negli anni ottanta, il ruolo di responsabile del restauro dei due organi a canne, uno in Chiesa parrocchiale, l’altro in Chiesa “SS. Annunziata”. E poi, quando c’era bisogno, ero lì a stilare assieme a lui le richieste di certificazioni varie: pubblicazioni di matrimonio, certificati dei Sacramenti, certificati di morte, ecc. …

 

Sul posto di lavoro, dove siamo stati colleghi per più di un decennio nella scuola media di Linguaglossa, dal 1984 fino alla metà degli anni novanta, quando, per raggiunti limiti di età, lo zio fu messo in pensione. Lui insegnante di Religione ed io insegnante di Ed. Musicale.

Pragmatico il suo pensiero sugli ultimi. Alla proposta di bocciatura per un alunno di classe a tempo prolungato in seno al Consiglio di classe ribatté in maniera lapidaria: e tutto il tempo che abbiamo avuto in più, in quanto classe a tempo prolungato? Il problema non è cosa non ha fatto, semmai è cosa non gli abbiamo fatto fare durante quel tempo/scuola che è stato con noi! Quindi come possiamo pensare, ora, di fermarlo?

 

Ma su tutti, un episodio ho sempre serbato nel mio cuore.

Una mattina dei primi anni del nuovo millennio, sul pianerottolo davanti agli uffici della scuola media, ci incontrammo con il signor Gulisano (ATA in servizio) e lo zio, già da qualche anno in pensione.

Io stazionavo spesso nella zona degli uffici, in quanto ormai, da qualche anno, vice/Preside.

Lo zio, dopo il pensionamento usava di tanto in tanto venire a scuola, dove, nonostante il continuo ricambio dei Dirigenti scolastici, trovava sempre le porte aperte.

In prossimità di ogni Natale e Pasqua non disdegnava venire a portare una parola di speranza ai nostri alunni spesso in compagnia di confratelli impegnati in Parrocchia per la Novena o per gli Esercizi Spirituali. Immancabile nel periodo natalizio la sua visita in Presidenza con il dono della statuetta di Gesù Bambino, lo stesso tipo di statuetta usata per il sorteggio alla Novena parrocchiale delle 5 del mattino.

Non ricordo il motivo di quella sua visita a scuola o, forse, non avrà avuto modo di parlarmene, ricordo benissimo, invece che, mentre si avviava a scendere le scale, il signor Gulisano esordì in maniera amicale con una battuta in dialetto siciliano “Patri Di Mauru, ci raccumannu a ‘so niputi”.

Tale battuta, che battuta evidentemente per lui non era stata, gli fece interrompere il suo andare e, fermo sul secondo pianerottolo delle scale, alzando lo sguardo si rivolse a noi due appoggiati alla ringhiera del pianerottolo/uffici e ribatté pacatamente: “No,no. Ora sugnu iò ca mi raccumannu cu ‘me niputi!”

Questo quadretto, che io consegno a voi, è ancora marcatamente impresso nei miei occhi.

Lo zio non aveva lasciato andare la cosa. Lo zio non aveva risposto con una scontata battuta a specchio. Lo zio aveva colto la battuta, riformulato la frase e, appoggiandosi oltremodo sulla preposizione “cu”, si era affettuosamente affidato a me e, in me, a tutti i nipoti, chiedendoci di essergli vicino anche nell’ultima parte della sua vita. 

E così è stato: oltre mia mamma, l’unica dei parenti/adulti che era ancora in vita, tutti i nipoti, in fondo, gli siamo stati piuttosto vicini, anche se, nella fattispecie, io e mia sorella Francesca con i rispettivi coniugi lo siamo stati in maniera maggiore perché presenti fisicamente in loco.

Egidio Di Mauro


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