Le grandi opere realizzate nelle due Parrocchie e altre Chiese annesse.


Nelle due Parrocchie, oltre ad espletare il suo mandato sacerdotale dal punto di vista spirituale, cosa per lui primaria, Don Vincenzino si è anche adoperato per rendere sempre più sicuri, efficaci ed accoglienti le Chiese a lui affidate.

 Ecco allora che, appena arrivato a Linguaglossa, nel 1952, si adoperò subito, anche grazie all’aiuto dell’artista Salvatore Incorpora, per la riapertura della Chiesa “San Francesco di Paola”. La Chiesa, l’effettiva sede parrocchiale, era chiusa per motivi di sicurezza – tutte le attività venivano, infatti, svolte presso la Chiesa “SS. Annunziata” – ed era ridotta a poco più che un deposito trascurato e pieno di polvere.(Nota 1)

Addirittura si erano formate in paese due fazioni: una per l’abbattimento dell’intera struttura con costruzione di una nuova Chiesa poco più in là, dove oggi insiste la Piazza dei Vespri Siciliani e un’altra fazione per la conservazione ed il restauro. L’una capitanata dallo scrittore Santo Calì e l’altra dall’artista Salvatore Incorpora, sostenuto dal prof. Enzo Maganuco dell’Università di Catania e dal poeta locale Senzio Mazza.

Per evidenziare maggiormente il fatto che la struttura invadesse oltremodo la carreggiata stradale, la fazione/Calì  riuscì a far fare dei lavori per restringere il marciapiede della Piazza Municipio e a far sgombrare dall’angolo dietro la Chiesa un piccolo chiosco collocato ad incastro fra la Chiesa e la costruzione esistente prima della canonica (di fronte, oggi, alla alimentare/Costanzo).

Eravamo ai tempi dello “sventramento selvaggio” … ma alla fine, a suon di comizi e carta bollata, la spuntò la fazione/Incorpora.

La Chiesa "San Francesco di Paola" venne, quindi, ristrutturata e riaperta al culto.

Don Vincenzino cominciò allora ad allargare i propri orizzonti e lì, dove c’erano due stanzette, riuscì a far costruire la canonica, una ridente e confortevole struttura incastonata fra la Pretura/Municipio e il retro della Chiesa stessa: una boccata d’ossigeno per le attività di Azione Cattolica e catechesi.

Le due stanzette esistenti, in corrispondenza dell’abside della Chiesa stessa, con i tetti alti, una sull’altra, erano adibite rispettivamente a Sacrestia e a deposito-“raccolta/carta” con terrazza soprastante. La Sacrestia, che immetteva, tramite apertura poi chiusa, direttamente all’interno dell’altare, era sopraelevata 5 scalini poiché, così come si vedrà con i lavori degli anni ’80, insisteva su un ossuario risalente ai tempi del Convento dei Paolotti: tale ossuario sarà svuotato per ripristinare il livello del pavimento come lo vediamo oggi.

Una volta costruita la struttura dei nuovi locali comprendente ben due solai, sorse il problema di far corrispondere il vecchio deposito-“raccolta/carta” col nuovo secondo piano. Ecco allora che fu impiantato un doppio solaio al vecchio deposito che, poi, venne adibito a locale cucina, creando praticamente una camera d’aria dell’altezza di oltre un metro ben visibile dal cortiletto esistente fra le finestre del Municipio e quelle della Chiesa.

 

Un ultimo progettino rimasto in cantiere e mai concretizzatosi fu il passaggio da realizzare fra la stanzetta delle fotocopie sita al primo piano della canonica e l’ammezzato che trovasi sopra l’attuale Sacrestia. Ammezzato al momento accessibile solamente grazie all’ascensore.

Finita la costruzione della canonica, Don Vincenzino colse al volo la proposta della Regione Sicilia che dava la possibilità alle Parrocchie di avere in gestione dei locali/oratori: la stessa cosa fecero ad Acireale col Seminario Nuovo, oppure ancora con i locali della Parrocchia “Regina Pacis” di Giarre, ecc. ecc. … strutture che più tardi, nella metà degli anni ’80, per Decreto Assessoriale diventeranno di proprietà degli stessi Enti gestori.

Nacque così il Centro Sociale/Oratorio, oggi a lui intitolato, che divenne, di fatto, il fulcro delle attività parrocchiali, oltre che la sede di una scuola materna.

La struttura, che dopo essere stata acquisita dalla Parrocchia per D.A. sarà nella seconda metà degli anni ottanta oggetto di ampliamento e ristrutturazione, con la realizzazione dei tre campi regolamentari di calcetto/pallavolo/basket e la creazione di un'ala nuova, è stata causa per Don Vincenzino di due grossi momenti critici che molto lo hanno fatto tribolare: l’assegnazione iniziale degli anni sessanta e la cessione definitiva degli anni ottanta.

All’inizio, dopo l’assegnazione da parte della Regione Sicilia, i lavori stentavano a partire e ci fu un momento in cui tutto sembrava sfumare nel nulla. Dopo alterne vicende allora Don Vincenzino, preso atto che l’ennesimo tentativo con gli uffici della Regione e del Comune di Linguaglossa fosse andato a vuoto, notte tempo si recò sul luogo dove oggi vediamo la struttura e appese ad un palo dell’illuminazione adiacente il muro di cinta dove doveva sorgere l’agognato oratorio una medaglietta della Madonnina miracolosa. Ebbene, dopo qualche giorno fu chiamato in Municipio perché erano arrivati i permessi per iniziare i fatidici lavori!(Nota 2)

Per quanto riguarda l’assegnazione definitiva della seconda metà degli anni ottanta, appena si ebbe sentore del D.A. Regionale, l’Amministrazione comunale del tempo mosse alcuni passi per intromettersi nell’assegnazione della struttura. La cosa fece angosciare alquanto Don Vincenzino, specie nella concomitanza della presenza, in quella legislatura cittadina, di politici che prima erano stati impegnati in prima persona nelle attività parrocchiali. La cosa culminò in una toccante esternazione del problema alla fine di una Celebrazione domenicale mattutina. A stento Don Vincenzino riuscì a trattenere le lacrime … ed ebbe la solidarietà di tutti i presenti e, dopo, anche del resto dei parrocchiani: tutti, in quel ventennio, avevano avuto modo di usufruire dell’oratorio e, forse, ora si correva il rischio che i propri figli non ne potessero più usufruire e capivano l’ansia di un Pastore cui si tentava di togliere un valido strumento di evangelizzazione.

Le tele ovali, due delle quattro tele restaurate.
Le tele ovali, due delle quattro tele restaurate.

A mettà degli anni sessanta la realizzazione della "Vara" di Sant’Alfio: prima veniva portato in processione sul portabagagli di una FIAT-600. 

Alla fine degli anni settanta ci fu il restauro delle 4 tele su San Francesco (due rettangolari e due ovali). 

Nella prima metà degli anni ottanta ci fu la maxi-ristrutturazione della Chiesa “San Francesco di Paola” e, a seguire, il restauro dell’organo a canne e l’elettrificazione delle campane.

 I lavori di ristrutturazione, sotto la direzione della Sovrintendente D.ssa Fulvia Caffo, durarono oltre un anno e mezzo: la Chiesa venne ovviamente chiusa e le celebrazioni spostate presso la Chiesa SS. Annunziata e, per un breve periodo, presso la Chiesa del Collegio San Tommaso. La Chiesa venne riportata ai suoi antichi splendori.

La Chiesa fu ingabbiata da imponenti ponteggi interni ed esterni. Fu ristrutturato il tetto e la facciata frontale e laterale della Chiesa.

Fu riparata la grossa fessura che c’era sulla volta della Chiesa e  restaurati i 5 affreschi: tre sulla volta centrale, uno nella volta dell’altare maggiore, uno nella cappella della Madonna del Gaggini. Quest’utima nascondeva, uno sotto l’altro, ben tre affreschi: quello più esterno (l’Annunciazione) è stato staccato e posto all’ingresso laterale della Chiesa.

Sempre nella stessa cappella fu tolta dall’altare la lastra di marmo decorativa con conseguente scoperta di un affresco del “Velo della Veronica” sorretto da due angioletti e, togliendo lo strato celestino di ducotone uscì fuori una impensabile cappella tutta di marmi intarsiati.

Furono restaurati il pulpito/confessionale, la porta della Sacrestia e la balaustra in legno della cantoria, anch’esse sotto uno strato di pittura coprente di colore avana.

Fu portato in avanti l’altare centrale per adeguarsi alle direttive del Concilio Vaticano II.

Furono fatti dei saggi sugli stucchi dell’altare centrale e in quello laterale di Sant’Alfio: fu subito evidente che tutta la Chiesa aveva gli stucchi indorati col color oro e verde esaltando e forse appesantendo oltremodo lo stile barocco. La Sovrintendente decise allora di portare fuori solamente i colori originali dell’altare maggiore. Lasciò scoperto il saggio dell’altare di Sant’Alfio.

Fu tolto il pavimento esistente e, dopo aver creato una profonda camera d’aria di circa un metro, installato un nuovo pavimento in cotto. Proprio nel fare quest’ultimo intervento fu scoperta sotto l’altare maggiore una nicchia mortuaria con diverse casse, una delle quali, aperta, mostrava la sagoma di una veste talare e delle scarpe con la punta quadrata. In quel lato della Chiesa furono subito interrotti i lavori e, come raccontava Don Vincenzino, uno degli operai, ogni sera alla fine della giornata, vi andava a posizionare una candela accesa, andando via solo dopo aver pregato per quelle anime. Alla fine fu deciso di lasciare il tutto com’era: quelle casse sono ancora oggi lì sotto, al loro posto.

Dopo qualche anno il restauro dell’organo a canne nella Chiesa “SS.Annunziata” e anche lì l'elettrificazione delle campane.

Quindi la messa in posa, sulla torre campanaria della Chiesa "San Francesco di Paola" dei quadranti dell'orologio.

A seguire la messa in posa, sui campanili delle Chiese "San Francesco di Paola" e "SS. Annunziata",  e di altre campane.

Arricchimento delle Chiese “San Francesco” - “SS. Annunziata” e Centro Sociale con opere di Salvatore Incorpora: Battistero e portale in bronzo, Formelle per l'acqua santiera, due Angeli in gesso nella Cappelletta della Madonna del Gaggini, Gigantografia della Chiesa San Francesco, Via Crucis e Madonna del cammino. In Chiesa Matrice con la scultura "La Pietà" di Rosario La Guzza.

- Impianto di riscaldamento della Chiesa "San Francesco di Paola" e di tutti i locali parrocchiali.

- Realizzazione di un ascensore all'interno della Canonica della Chiesa "San Francesco di Paola".

- Restauro della Casa parrocchiale Castrogiovanni poi affidata all'A.C.

- Realizzazione, nel retro della Chiesa "SS Annunziata", del Centro anziani grazie al lascito/ Indelicato.

- Messa in posa della nuova vetrata raffigurante la Madonna del Gaggini nella Chiesa "S. Francesco di Paola" grazie alla donazione di privati fedeli.

- Installazione di camere blindate e sistemi di allarme nelle due Parrocchie.

 

In Chiesa Madre, qualche settimana dopo l’insediamento, pur nel rispetto della visione conciliare (Vaticano II) del suo predecessore e con l’intenzione di mettere in luce la parte del pavimento della Chiesa rimasta a lungo nascosta poiché coperta da una grande pedana (la “crociera” corrispondente all’incrocio della navata centrale col transetto), riportò l’Altare Maggiore sul Presbiterio, sulla parte rialzata all’interno della balaustra: il giusto luogo preposto ad essere occupato dal celebrante e dai ministri durante le funzioni.

  Così facendo, rese di nuovo visibile la splendida pavimentazione marmorea riportante l’intarsio della quarta stella grigia a 12 punte, di dimensioni poco più piccole delle altre tre della navata centrale e all’interno di un riquadro di colore marrone, lo stesso colore dei 5 scalini che immettono all’intera Abside.

- Restauro dell’organo a canne nella Chiesa Madre "Santa Maria delle Grazie".

- Messa in posa delle nuove vetrate istoriate nella Chiesa Madre "Santa Maria delle Grazie".

- Ristrutturazione del tetto e della facciata della Chiesa Madre "Santa Maria delle Grazie".


Note:

(Nota 1)  Tratto dalla Pubblicazione "25 anni di Sacerdozio del Parroco Don Vincenzo Di Mauro"

Supplemento al n. 9/1977 di "MISSIONARI  DEL  CROCIFISSO", Mensile religioso dei PP. Passionisti di Sicilia - Mascalucia (CT).

La Chiesa “San Francesco di Paola” vista da S. Incorpora.

… Sono venticinque anni, da quando, inverno del 1952, gennaio il mese, ebbi l'occasione di vedere aperta, algido il mattino, come per incanto, la porticina laterale che dava sulla strada nazionale a sinistra della chiesa del santo di Paola. Era con me, l'allora vice Parroco Mons. Raciti oggi Arciprete della città.

Un Cristo in legno oltre un metro alto croce compresa (dov'è ora?) lì a terra fra quanto v'era a soqquadro in quella chiesa sconsacrata, lo sollevai mortificatissimo e lo deposi sull'altare, quello dov'era una Madonna bellissima che vedevo la prima volta, bianca la veste, il volto bianco, bianche le mani, io bianco pure per la vergogna di saperla là fra quell'immondezzaio di tavole calcinacciate …

_____________________

(Nota 2)  Medaglia miracolosa (o medaglia della Madonna delle Grazie, o medaglia dell'Immacolata) è il nome che la tradizione cattolica ha dato alla medaglia realizzata in seguito a quanto accaduto nel 1830 a Parigi, in rue du Bac n. 140, a Santa Caterina Labouré, novizia nel convento delle figlie della carità di San Vincenzo de' Paoli, la quale avrebbe avuto delle apparizioni mariane.

Secondo quanto riferito da suor Labouré, questa medaglia fu coniata — in seguito a quanto richiesto dalla Madonna durante la seconda apparizione (27 novembre 1830) — come segno di amore, pegno di protezione e sorgente di grazie. Furono i papi Gregorio XVI e Pio IX ad averla usata in modo assiduo trasformandola in un oggetto di culto.

 

 


 

 

Sei alla pagina 14 (Grandi opere nelle Parrocchie).   Vai alle altre pagine:
Prefaz.

Pag.

1

Pag.

2

Pag.

3

Pag.

4

Pag.

5

Pag.

6

Pag.

7

Pag.

8

Pag.

9

Pag.

10

Pag.

11

Pag.

12

Pag.

13

 

Pag.

15

Pag.

16

Pag.

17

Pag.

18

Pag.

19

Pag.

20