Nel 2012, in occasione della scomparsa di Don Vincenzino, il poeta Senzio Mazza, fra l'altro il primo Presidente dell'A. C. della Parrocchia "San Francesco di Paola", così scriveva:
Non è Linguaglossa che perde un vero sacerdote.
E' la Chiesa cattolica che in una continua deriva ha difficoltà a trovare preti capaci di interpretare il vangelo e i dettami della Chiesa stessa, come Padre Di Mauro.
Si è portata la tonaca con sè, simbolo del prete di campagna che stava a fianco di tutti con immensa modestia fino alla fine.
Il 6 marzo del 2020, nel pieno imperversare dell'emergenza "corona-virus", il poeta Senzio Mazza così scriveva su Facebook:
LETTERA AGLI AMICI VIRTUALI
Carissimi, mi siete rimasti Voi. Per
motivi di età (quasi 86), mi è vietato uscire di casa e incontrare gli amici reali, quelli coi quali ho avuto rapporti familiari da sempre. Per legge posso essere infettato o infettare gli altri.
Sono uno dei rarissimi vecchi che ha creduto nell'amicizia virtuale in quanto dialogo, polemica, discussione, condivisione o contrasto a distanza, senza conoscerci fisicamente.
Le istituzioni, i mass-media e gli scienziati trasmettono il panico assoluto, un "si salvi chi può" sconcertante e giustamente razionale che inchioda il pensiero nell'idea della morte
imminente.
Per motivi anagrafici da ragazzino sono stato sotto i bombardamenti a tappeto degli "alleati americani". Assieme alla mia famiglia ci eravamo rifugiati in campagna, dove un prete, Padre Don Michelangelo Tornatore e un seminarista Salvatore Raciti -diventato poi Arciprete di Linguaglossa-, convinti che da un momento all'altro potevamo morire ci facevano ripetere la "litania di tutti i santi" che una volta veniva recitata ai piedi del letto degli agonizzzanti.
Negli anni '50 del secolo scorso una pandemia chiamata "Asiatica" -che pare abbia causato due milioni di morti nel mondo- sconvolse la vita di tutti nel mio stesso Paese. Un giovane pretino, tale Don Vincenzo Di Mauro col Parroco Don Carmelo Puglia raccoglievano tutti i parrocchiani in chiesa con lunghe veglie di preghiera. Ultima speranza di salvezza terrena e nel caso fatale anche per l'Aldilà.
Attualmente col coronavirus in preda al terrore ci siamo dimenticati di Dio, delle Madonne e dei Santi, invocati durante tutte le sventure umane e adorati per i tanti miracoli nelle chiese del mondo.
Non possiamo e non sappiamo più pregare. Si chiudono le chiese e i luoghi famosi dei santuari, come quello di Lourdes.
Ci siamo tolta di mente anche la speranza.
Inebetiti stiamo attaccati ai mass-media dove giornalisti, improvvisati scienziati, politicanti da strapazzo, sciacalli di mestiere e sprovveduti di ogni tipo ci assillano 24 ore su 24 preconizzando la nostra morte imminente. Tocchiamo ferro o scongiuri similari, mentre auguro a tutti Salute e lunga vita.
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Contatti: Egidio Di Mauro, Linguaglossa (CT)
donvincenzinodimauro@gmail.com
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